Ci sono libri che scegliamo per noi stessi, ci sono libri che ci troviamo tra le mani per caso e altri ancora che invece ci vengono regalati. Questi sono libri un po' speciali, scelti per noi, e a me colpisce sempre il pensiero della motivazione dietro a quella scelta. "Perché" mi chiedo "Tizio ha ritenuto che proprio questo romanzo facesse per me?" Forse ci metto troppa enfasi, forse a volte la scelta è totalmente casuale o dettata dalle proprie preferenze e non incentrata su di me, ma non posso fare a meno di pormi qualche domanda.
Il romanzo "L'arte di ascoltare i battiti del cuore" di Jan-Philipp Sendker mi è stato regalato di recente da una cara amica in occasione di un pranzo. Ci sono persone che per un motivo o per l'altro non ho più occasione di incontrare nella vita di tutti i giorni e quindi è bello ogni tanto creare dei momenti ad hoc per rivederci e aggiornarci. Va da sé che spesso, in queste rimpatriate, finisco a parlare di libri e letture recenti (che fantasia sfrenata, lo so, lo so...) e nell'accennare al mio progetto di giro del mondo letterario la mia amica ha esclamato "Io ho letto un libro ambientato in Birmania!". A quel punto ci siamo fiondate in libreria e lei è stata così carina non solo da infastidire il commesso perché non riuscivamo a trovarlo, ma anche da regalarmelo.
Con questa premessa dovevo dovevo leggerlo al più presto e dedicarle un commento!
"L'arte di ascoltare i battiti del cuore" è una storia romantica, uno di quei libri che non sono portata per mia predilezione a leggere ma che si adatta proprio al periodo estivo di svago e relax.
Nonostante l'autore sia tedesco e abbia vissuto all'estero, in particolare in Asia, solo brevemente per ragioni di lavoro, ha scelto di ambientare questa vicenda in Birmania, nel villaggio di Kalaw. Tuttavia Sendker mostra di avere una buona conoscenza della regione e dello stile di vita del luogo, grazie anche alla consulenza che alcuni amici, citati nei ringraziamenti, devono avergli fornito.
La storia si apre in verità negli Stati Uniti. Protagonista è Julia, giovane avvocatessa rampante di New York, brillante e concentrata sui molti progetti che ha per la sua vita. Un unico neo, un'ombra del passato: quattro anni prima suo padre Tin Win, di origini birmane, è sparito dall'oggi al domani senza lasciare alcuna traccia. Le autorità non sono riuscite a localizzarlo e la madre di Julia pare essersene fatta una ragione, cosa che fa sospettare alla ragazza che i rapporti tra lei e il marito non fossero più idilliaci. La scomparsa del padre però sembra ormai un fatto del passato, per cui lei non può più fare niente, finché non trova una lettera mai spedita tra le carte di suo padre, indirizzata a una misteriosa donna di nome Mi Mi residente a Kalaw, Birmania. Dal tono della lettera è evidente che tra suo padre e questa donna ci fosse un rapporto profondo, una storia d'amore. Corrosa dal dubbio e spinta forse dalla speranza di rintracciare suo padre, Julia molla tutto e decide, dall'oggi al domani, di partire per indagare.
La storia di Julia è una cornice al racconto vero e proprio. Il fulcro del romanzo, il vero cuore della vicenda, è la vita di Tin Win, che Julia scopre nel racconto di U Ba, un uomo di mezz'età incontrato a Kalaw in una sala da tè. Devo dire che io ho empatizzato molto poco con Julia. Mi è stata antipatica fin dall'inizio, a pelle, e non sono riuscita a entrare in contatto con le sue emozioni, col dolore della perdita del padre (che comunque non sembra averla sconvolta più di tanto...) e con le difficoltà che si trova ad affrontare una volta arrivata in Birmania. La storia di Tin Win, invece, mi è piaciuta di più, la segretezza stessa che attorniava il passato di quest'uomo all'apparenza placido e di successo e la voglia di scoprire come fosse arrivato, da una baracca nel villaggio di Kalaw, al centro di Manhattan mi spingevano a continuare a leggere. Il libro è scorrevole e il ritmo è ottimo, quindi la lettura è facile e veloce.
Non avevo aspettative su questo romanzo, ero aperta a qualsiasi cosa, basilarmente, quindi posso dire di averne apprezzato la lettura più di quanto spesso mi conceda. Mi sono piaciuti i tocchi di colore, i riferimenti alla cultura e al paesaggio del Myanmar che mi hanno spinto, come al solito, a setacciare la rete con Google alla ricerca di immagini. Il romanzo ambienta la storia tra la metà degli anni '20 e il 1995, quindi in una Birmania ancora colonia inglese per gran parte della narrazione. E' ovvio dunque che molte delle cose descritte sono cambiate, oggi, e spesso costumi e usanze sono scomparsi col tempo. Ci sono però dettagli deliziosi, come il trucco tradizionale delle donne birmane, l'utilizzo da parte degli uomini di un capo di vestiario particolare, il longy, una sorta di gonna portafoglio annodata in vita, o la vita dei monaci buddisti nei piccoli templi di campagna.
Un altro particolare che mi ha molto interessato è la disabilità inserita in un contesto del genere. Uno dei protagonisti della storia è cieco e proprio da questo problema nascerà la necessità di ascoltare in modo più approfondito, fino a sentire perfino i battiti del cuore delle persone. Non mi ero mai fermata a pensare quanto una problematica come la cecità potesse impattare con la vita di una persona in una società rurale, in cui il lavoro fisico, il settore primario, costituisce la quasi totalità dell'economia. Abituata alle difficoltà che i non vedenti hanno nelle nostre moderne città occidentali, nella mia mente doveva essere impossibile integrarsi in una società simile. Invece l'autore ci mostra un uomo perfettamente inserito, o almeno tranquillamente in grado di vivere la propria vita, padrone del proprio ambiente e accettato dagli altri grazie anche ai suoi talenti. E' stato interessante ripensare alla disabilità come qualcosa su cui la modernità ha fatto passi da gigante e prendere in considerazione la possibilità che, pur con le enormi limitazioni dell'epoca, i disabili potessero avere un ruolo attivo nella società, senza esserne allontanati. Mi piacerebbe in futuro approfondire il ruolo che le comunità religiose buddiste svolsero sotto questo aspetto.
Non posso dire che di questo libro mi sia piaciuto proprio tutto tutto. Ci sono dettagli e scelte dell'autore con cui sono anzi fortemente in disaccordo.
Due sono le cose che mi hanno lasciata più perplessa: alcune svolte di trama parecchio scontate e prevedibili, al punto che dalle prime pagine avevo già intuito alcuni dei colpi di scena finali, e un abbellimento/perfezionamento dei due protagonisti della storia d'amore centrale, Tin Win e Mi Mi, al punto di farne un Gary Stu e una Mary Sue.
Per chi non è del campo della scrittura amatoriale, una Mary Sue, o il suo corrispondente maschile Gary Stu, è un personaggio talmente perfetto da risultare non solo irreale, ma perfino irritante. Una Mary Sue sa fare tutto, ciò che fa lei è sempre per qualche ragione migliore; di solito è bellissima e, se ha qualche difetto, serve solo a renderla più straordinaria. Una Mary Sue è un personaggio che incarna naturalmente il lato buono dell'umanità e spesso le persone ce l'hanno con lei solo perché sono cattive...ma lei non cede mai alla violenza o alla vendetta, di solito la giustizia opera autonomamente per renderle merito. Si arriva fino ai poteri magici e alle capacità soprannaturali. Ecco, diciamo che Sendker non è riuscito a non fare dei suoi protagonisti due incarnazioni perfette di queste macchiette della letteratura...
C'è anche qualche buchetto di trama, qualche dettaglio temporale che non torna e un paio di forzature per far star insieme il tutto.
Insomma, "L'arte di ascoltare i battiti del cuore" non è, dal mio punto di vista, chissà quale grande capolavoro, ma è un libricino leggero e romantico, ideale per rilassare la mente e per intenerirsi un po'. Sicuramente da consigliare a chi ama il genere e vuole godere delle affascinanti atmosfere esotiche dell'Oriente. Da portare ancora una volta sotto l'ombrellone! (Magari l'anno prossimo, che adesso è un po' tardi, ormai...)
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