martedì 26 gennaio 2016

3. Perché non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici) - Piergiorgio Odifreddi

Più riguardo a Perché non possiamo essere cristianiA mio avviso ci sono due modi di criticare un testo considerato sacro: o si fa con aperta comicità, come fece Giobbe Covatta in passato con ottimi risultati, a mio avviso, o si scrive un saggio, e allora ci vuole prima di tutto massimo rispetto e serietà, puntualità e precisione nell'analisi e, per quanto possibile, solide basi linguistiche.

Questo libro vorrebbe appartenere alla seconda categoria. Vedendolo sulla libreria di un amico sono rimasta colpita dal titolo, di certo provocatorio. Credo fosse proprio quello lo scopo, visto che i titoli servono anche a far vendere i libri... Insomma, da discreta biblista e da sempre interessata alle religioni, compresa la critica, non potevo esimermi.

Sarà bene dire che non sono affatto contraria né mi sento offesa dal pensiero che una persona possa fare della critica razionale ad una religione o a un testo religioso, così come ritengo sia lecito trarne spunti comici. Ma per l'appunto, o si fa umorismo o si disserta razionalmente.

Odifreddi a mio avviso fallisce da entrambi i punti di vista. Fin dalle prime righe il tono utilizzato è di aperto scherno e tutte le sue osservazioni, spesso condivisibilissime da un punto di vista puramente logico, sono infarcite da battutine degne di un ragazzino di 12 anni più che di un professore universitario. In alcuni momenti sembra manchi giusto un "gne gne gne" a completare l'opera... Le critiche sono ragionevoli, ma manca secondo me un lavoro di insieme più accurato: l'autore salta da una parte all'altra dell'Antico Testamento senza contestualizzare e senza portare un'analisi linguistica che, peraltro, non credo sia in grado di fornire. Mi chiedo anzi di quali strumenti, studi e traduzioni si sia avvalso nello scrivere questo saggio, perché non si degna nemmeno di fare una postfazione o dei ringraziamenti citandoli...
Ho fatto una gran fatica ad arrivare in fondo. Ho trovato l'intera costruzione del saggio pesante e noiosa, oltre che ripetitiva. Più volte mi sono anche ritrovata a pensare: "Ma il signor Odifreddi, che di lavoro farebbe il matematico professore di logica, non potrebbe occuparsi di, appunto, matematica e logica invece che di esegesi biblica?" E l'ho pensato con un certo fastidio, perché negli ultimi tempi mi pare che chiunque sia in grado di esprimere due osservazioni logiche si senta autorizzato a scrivere un libro su un argomento qualsiasi, di cui in verità sa poco. Ripeto, ben vengano i commentatori e i detrattori della fede cattolica, ma gente preparata che ha studiato proprio questo ne abbiamo? Sono certa di sì, perché ho letto opere molto meglio argomentate sullo stesso tema. Purtroppo qui entra in gioco la celebrità e Odifreddi si è guadagnato negli ultimi anni la fama di tuttologo nonché pensatore illuminato. Così questo è il genere di saggio che viene pubblicato.

Insomma, un'occasione sprecata per fare della buona divulgazione e che invece si esaurisce nel solito triste "ho ragione io e voi siete tutti cretini" (da cristiani, ovviamente). Peccato.

giovedì 21 gennaio 2016

Soundtrack di lettura

Negli ultimi tempi non resisto alla tentazione di accompagnare alla lettura una scelta musicale che, in qualche modo, si accordi.
A volte è il periodo storico, il Paese di ambientazione, o perfino la regione, ad ispirarmi. A volte è l'atmosfera che le note creano. Spesso è musica classica, ma non sempre.

Ho appena iniziato un romanzo di Giorgio Scerbanenco e da circa un'ora Youtube suona per me una playlist di canzoni italiane anni '60.
E' incredibile quanto una semplice compilation riesca ad aiutarmi ad entrare nel giusto mood o a calarmi nell'ambientazione. Ho sempre pensato che se mai avessi scritto un romanzo avrei suggerito qualche accompagnamento alla lettura, giusto perché, dal mio punto di vista, una musica non vale l'altra.
Sarò strana?
/elucubrazioni notturne gratuite

martedì 19 gennaio 2016

2. La strana biblioteca - Murakami Haruki

Più riguardo a La strana bibliotecaHo iniziato l'anno con un libricino giapponese. L'autore è iperfamoso e l'edizione è uno di quei classici da regalo di Natale: un racconto di poche pagine diluito con illustrazioni e grafica seducenti al fine di spacciarlo per un romanzo (e appioppargli il corrispondente prezzo).

E' d'obbligo una premessa: non sono una grande estimatrice della letteratura giapponese. Ci sono romanzi che ho amato follemente, ma sono pochi. Nella maggior parte dei casi rimango spiazzata, faccio fatica a trovare un capo e una coda a queste storie, spesso intrise di una mitologia e di riferimenti che, nonostante la mia passione giovanile per manga e anime, fatico a cogliere.
La cosa che mi ha sempre colpito, comunque, è come la maggior parte delle storie sembrino avvolte da una sorta di nebbia, che più che fisica è mentale. Anzi, potrei dire una nebbia dell'anima. I protagonisti sono spesso spersi in una vita che non riescono a vivere fino in fondo, preda di un destino che li sballotta qua e là e incapaci di comprendere le dinamiche di ciò che li circonda. Gli scrittori giapponesi tengono a descrivere personaggi emarginati, isolati, e mi fa domandare se sia un caso o se sia invece uno specchio del sentire comune di un popolo: il fatto di non essere mai davvero parte della comunità, davvero accettati, la maledizione di sentirsi, in un Paese ad altissima densità di popolazione e costellato di caseggiati-alveare, irrimediabilmente soli e invisibili.

Il racconto di Murakami non fa eccezione. Una storia inquietante, densa di mistero e di magia, in qualche modo, e avvolta da un'oscurità pesante. E' il racconto della discesa nel labirinto contorto del proprio io e dello scontro tra i nostri demoni e l'amore. E' anche e soprattutto una storia di dolore di vivere. Lo spettro della depressione invalidante aleggia tra le pagine, riportando l'attenzione sul commento fatto precedentemente alla malinconia giapponese.
Il finale è doloroso. In tutta sincerità ho fatto fatica ad accettare che finisse proprio lì, così. Mi aspetto sempre che il finale porti la conclusione, non mi sono ancora rassegnata al fatto che questo concetto è ormai superato a livello letterario.
E poi, e poi, e poi... Ci sono un sacco di cose che non ho capito. La letteratura giapponese, in casi come questo, mi fa sentire un sacco ignorante. O stupida. O entrambe. Mi piacerebbe che qualcuno me li spiegasse, a volte, questi libri, che mi dicesse cosa rappresentano i simboli utilizzati dall'autore. Leggiucchiando qualche commento, ho notato che l'uomo-pecora e gli insetti, ad esempio, sono un tema ricorrente in Murakami. Forse dovrei leggere il resto della sua produzione per capire questo volumetto, forse capirei di più. O forse no, in effetti, perché sempre dai commenti che ho leggiucchiato anche i suoi estimatori sono rimasti un po' basiti da alcuni particolari di questa storia.

Insomma un libro così così, né bello né brutto. Un libro che lascia qualche strascico più negli incubi che nei ricordi vividi. Non so se la cosa sia positiva o meno...
Menzione speciale però per la parte artistica. Le illustrazioni di Lorenzo Ceccotti sono inquietanti quanto il racconto e lo sottolineano meravigliosamente. Utilizzando soltanto il nero, il bianco e il rosso, l'artista dipinge particolari d'impatto. Senza la sua opera, probabilmente, questo libro non sarebbe stato vendibile al pubblico. Ottimo lavoro e ottima mossa commerciale, dunque.

giovedì 14 gennaio 2016

1. The shepherd's crown - Terry Pratchett

Più riguardo a The Shepherd's CrownNon posso dire di essere una grandissima fan di Terry Pratchett. Dopo insistenti raccomandazioni da parte di cari amici e grandi lettori di fantasy, ho deciso di dargli una possibilità. Ho quindi cominciato ponendomi la drammatica domanda: da dove inizio?

Il mondo tracciato da Pratchett, infatti, è vasto e complesso e i romanzi appartenenti a quello che viene chiamato in italiano Mondodisco (Discworld in lingua originale) non sono stati pubblicati in un preciso ordine di lettura. Siccome sono malata sono andata a cercare su internet una pratica mappa di lettura creata da qualche bravo nerd e ho trovato questa immagine, che mi ha molto aiutata. Ho così scelto di partire dal ciclo delle streghe, ho deviato su "Pyramids" e "Small Gods" e poi ho attaccato il ciclo dedicato a Tiffany. Alcuni mi sono piaciuti più di altri e ho trovato in alcuni passi una profondità incredibile. Probabilmente sono proprio i libri dedicati alle streghe ad essermi piaciuti di più e non riesco a distaccarli realmente dalle storie di Tiffany.

Purtroppo sir Terry ci ha lasciato nel 2015, vittima di un male che toglie l'anima prima della vita. Ed è proprio postumo, poco dopo la sua morte, che è stato pubblicato quello che hanno detto essere l'ultimo libro che ha scritto. Non so se verrà mai tradotto in italiano, perché con la velocità con cui stanno procedendo attualmente potrebbe succedere tra una trentina d'anni, ma in lingua originale è "The shepherd's crown" ed è l'ultima storia del ciclo di Tiffany, ma anche delle streghe.

Vorrei poter dire che è stato il coronamento del meraviglioso viaggio che abbiamo compiuto insieme. Vorrei poter ricordare questo ultimo romanzo come un gioiellino che rimarrà nella mia memoria. Purtroppo non è così.
Il romanzo che mi si è presentato davanti mi è sembrato una prima stesura raffazzonata, piena di citazioni di personaggi e storie già narrate in altri libri e con i pochi fili davvero nuovi che stentano ad intrecciarsi e ad andare al loro posto alla fine. Un finale, anche questo, che rimane sospeso, quasi incompiuto, con tante domande e tanti dubbi che rimangono insoluti e lasciano in bocca un amaro che non si può mandar via. Non è un ultimo libro scritto per tirare le fila, secondo me, e benché la casa editrice ci rassicuri sulla paternità del romanzo, scorgo lo zampino di altre mani nel lavoro di taglio e cucito del romanzo per renderlo pubblicabile.

Ciò che di bello c'è è la speranza nel cambiamento, che non è sempre male e di cui non dobbiamo aver paura; la forza di Tiffany di sovvertire le regole e di fare ciò che sa essere giusto sempre, senza perdere se stessa. C'è un addio che tocca l'anima di chi a queste storie si è affezionato profondamente, ma è anche un inno a non aver paura della morte, un messaggio che è ancora più importante se si pensa alle condizioni dell'autore quando lo ha scritto.

Credo sia un libro che i fan devono leggere per completezza, per mettere il punto in fondo al proprio viaggio, attraverso quest'ultima carrellata. E magari continuare a sognare dei luoghi fantastici narrati dall'autore, perché le loro avventure di certo non si esauriscono qui. Ciononostante non è il libro che consiglierei a chi, questo universo, non l'ha ancora esplorato fino in fondo.

domenica 10 gennaio 2016

Un anno di libri da raccontare...

Sul finire del 2015 ho trovato sulla mia strada svariati stimoli alla lettura. Non che ne avessi estremo bisogno, anche perché non riuscirei a leggere più di quanto già faccio nemmeno se volessi con tutte le mie forze...però alcune sfide mi hanno ispirata.

La principale è stata un video, questo.
Per dare una sintesi in italiano di ciò che viene detto, la signorina fondamentalmente solleva, partendo da un'osservazione personale, la domanda: "Da dove vengono i libri che stanno sulla vostra libreria? In che lingua sono stati scritti? In quale parte del mondo vivono gli scrittori che li hanno partoriti?" Credo che anche il lettore più eterogeneo possa difficilmente vantare letture davvero internazionali. E' naturale, cogliamo dagli scaffali delle librerie i tomi più in vista, le ultime uscite, ciò che ci è stato consigliato, magari; tuttavia certi autori, per quanto famosi in patria, potrebbero risultare un po' ostici da trovare, a meno che non li si ricerchi appositamente.
Ho fatto una breve statistica dei libri che ho letto negli ultimi cinque anni e devo dire di sentirmi orgogliosa: ho mostrato una discreta varietà, con una cinquantina di nazioni letterariamente esplorate. Non posso però non rilevare la completa mancanza di libri dall'Oceania e una simile povertà di titoli dall'America Centrale e dall'Africa. Molti anglosassoni, un po' di italiani, parecchi europei, qualche sudamericano. Pochi asiatici, per la maggior parte giapponesi.
Quindi ho deciso di cimentarmi, a modo mio, in questo giro del mondo letterario. Niente di troppo impegnativo, per la carità. Non potrei mai nemmeno aspirare a leggere 196 libri in un anno, come ha fatto la donna del video. Nemmeno se smettessi di lavorare. Però voglio dare una ventata di diversità alla mia libreria e per farlo mi sono ripromessa di leggere almeno un titolo da un Paese che non sia l'Italia, il Regno Unito o gli Stati Uniti ogni mese.
Dodici mesi, almeno dodici nazioni su cinque continenti. Ho già notato che alcuni saranno facili da reperire, altri assai meno. Sono fortunata, perché la mia padronanza della lingua inglese mi permette di acquistare libri dall'estero e leggerli in inglese, il che mi permetterà di ovviare alla drammatica assenza di titoli in traduzione.
Credo che sarà un'esperienza interessante e che mi spingerà a inoltrarmi un po' al di fuori dei miei confini usuali. Sarà un modo di mettersi alla prova, in un certo senso, e di sicuro mi arricchirà.

Questo blog vorrebbe essere un diario di lettura, come ce ne sono altri mille. Non lo limiterò alla registrazione dei miei libri dal mondo, ma vorrei utilizzarlo per mettere per iscritto, e ovviamente condividere, anche altri commenti ai libri che mi passeranno tra le mani.
E' anche e prima di tutto un ritorno a me, alla mia vita interiore. Comunque vada, sarà bellissimo...