martedì 19 gennaio 2016

2. La strana biblioteca - Murakami Haruki

Più riguardo a La strana bibliotecaHo iniziato l'anno con un libricino giapponese. L'autore è iperfamoso e l'edizione è uno di quei classici da regalo di Natale: un racconto di poche pagine diluito con illustrazioni e grafica seducenti al fine di spacciarlo per un romanzo (e appioppargli il corrispondente prezzo).

E' d'obbligo una premessa: non sono una grande estimatrice della letteratura giapponese. Ci sono romanzi che ho amato follemente, ma sono pochi. Nella maggior parte dei casi rimango spiazzata, faccio fatica a trovare un capo e una coda a queste storie, spesso intrise di una mitologia e di riferimenti che, nonostante la mia passione giovanile per manga e anime, fatico a cogliere.
La cosa che mi ha sempre colpito, comunque, è come la maggior parte delle storie sembrino avvolte da una sorta di nebbia, che più che fisica è mentale. Anzi, potrei dire una nebbia dell'anima. I protagonisti sono spesso spersi in una vita che non riescono a vivere fino in fondo, preda di un destino che li sballotta qua e là e incapaci di comprendere le dinamiche di ciò che li circonda. Gli scrittori giapponesi tengono a descrivere personaggi emarginati, isolati, e mi fa domandare se sia un caso o se sia invece uno specchio del sentire comune di un popolo: il fatto di non essere mai davvero parte della comunità, davvero accettati, la maledizione di sentirsi, in un Paese ad altissima densità di popolazione e costellato di caseggiati-alveare, irrimediabilmente soli e invisibili.

Il racconto di Murakami non fa eccezione. Una storia inquietante, densa di mistero e di magia, in qualche modo, e avvolta da un'oscurità pesante. E' il racconto della discesa nel labirinto contorto del proprio io e dello scontro tra i nostri demoni e l'amore. E' anche e soprattutto una storia di dolore di vivere. Lo spettro della depressione invalidante aleggia tra le pagine, riportando l'attenzione sul commento fatto precedentemente alla malinconia giapponese.
Il finale è doloroso. In tutta sincerità ho fatto fatica ad accettare che finisse proprio lì, così. Mi aspetto sempre che il finale porti la conclusione, non mi sono ancora rassegnata al fatto che questo concetto è ormai superato a livello letterario.
E poi, e poi, e poi... Ci sono un sacco di cose che non ho capito. La letteratura giapponese, in casi come questo, mi fa sentire un sacco ignorante. O stupida. O entrambe. Mi piacerebbe che qualcuno me li spiegasse, a volte, questi libri, che mi dicesse cosa rappresentano i simboli utilizzati dall'autore. Leggiucchiando qualche commento, ho notato che l'uomo-pecora e gli insetti, ad esempio, sono un tema ricorrente in Murakami. Forse dovrei leggere il resto della sua produzione per capire questo volumetto, forse capirei di più. O forse no, in effetti, perché sempre dai commenti che ho leggiucchiato anche i suoi estimatori sono rimasti un po' basiti da alcuni particolari di questa storia.

Insomma un libro così così, né bello né brutto. Un libro che lascia qualche strascico più negli incubi che nei ricordi vividi. Non so se la cosa sia positiva o meno...
Menzione speciale però per la parte artistica. Le illustrazioni di Lorenzo Ceccotti sono inquietanti quanto il racconto e lo sottolineano meravigliosamente. Utilizzando soltanto il nero, il bianco e il rosso, l'artista dipinge particolari d'impatto. Senza la sua opera, probabilmente, questo libro non sarebbe stato vendibile al pubblico. Ottimo lavoro e ottima mossa commerciale, dunque.

2 commenti:

  1. La solitudine e lo straniamento sono temi ricorrenti in questo autore. Lascia anche a me la sensazione di essermi persa qualcosa, di non aver capito tutto fino in fondo.
    Le illustrazioni sono davvero davvero belle, sono d'accordo.

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    1. Ecco, dovrò leggere altro, magari qualcosa di un po' più lungo e strutturato. Ma temo che con questa premessa potrei continuare a non capire e quindi a non apprezzare fino in fondo. A meno che questo sia proprio ciò che si augura l'autore...

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