lunedì 6 novembre 2017

73. Derek Smith - L'enigma della stanza impenetrabile

Io non sono una grande lettrice di gialli. Non so quante volte l'ho già detto, ma amo ripetermi. Ogni tanto mi sforzo e ne leggo uno, soprattutto se obbligata, ma come genere proprio non mi attrae. Non so quale sia il problema; so che mentre a tanti miei amici il giallo stuzzica l'intelletto e li tiene incollati alle pagine, io mi annoio enormemente. Non becco mai l'assassino, non capisco mai nulla prima e anche quando mi spiegano ciò che è accaduto rimango indifferente, fredda. Non mi riesco nemmeno ad immedesimare nei vari detective, non temo per i personaggi che potrebbero trasformarsi in nuove vittime, insomma zero assoluto. Ci sono pochi gialli che mi hanno preso davvero, tra cui sicuramente la quadrilogia di Duca Lamberti di Scerbanenco e "Dieci piccoli indiani" di Agatha Christie, e in alcuni casi anche questi mi sono un po' scaduti sul finale.
Quindi perché son qui a recensire un giallo? Perché, molto semplicemente, dovevo leggerne uno per la Reading Challenge e in libreria mi è passato per le mani questo bel volumetto di Derek Smith, scrittore non esattamente famoso ma grandissimo amante del genere. Il titolo è un po' banale, "L'enigma della stanza impenetrabile", anche se non è affatto una traduzione fedele dell'originale titolo inglese ("Whistle Up the Devil", tradotto infatti anche come "Un fischio al diavolo"), però riesce se non altro ad essere esauriente: si tratta proprio di un giallo della camera chiusa.

Per giallo della camera chiusa si intendono tutti quei delitti che avvengono all'interno di una stanza sigillata, almeno apparentemente, all'interno della quale quindi nessuno sarebbe potuto entrare o uscire senza essere visto. Tutti i più grandi giallisti si sono presto o tardi misurati con questo rompicapo, creando storie anche notevoli. Derek Smith, con questo romanzo, vuole proprio rendere omaggio a tutti loro, citandoli e ricordandoli tra le pagine mano a mano che la vicenda si evolve.

La trama è piuttosto classica: un ispettore di polizia di Scotland Yard si reca da un giovanissimo consulente investigativo, Algy Lawrence, per chiedere il suo aiuto: un amico, tale Roger Querrin, è in pericolo di vita, o almeno così pensano la sua bella fidanzata e il fratello minore Peter, e l'ispettore vorrebbe che Algy lo tenesse d'occhio. Nonostante l'iniziale resistenza, Algy parte per il piccolissimo paesino di campagna in cui i Querrin risiedono. La minaccia che grava su Roger è questa: per molte generazioni i Querrin hanno tramandato di padre in figlio un segreto, ma da qualche generazione ciò non è più stato possibile, poiché una notte, nella stanza designata a questo incontro rituale, padre e figlio morirono insieme, uno pugnalato, l'altro per un attacco di cuore. Da allora si dice che sulla famiglia gravi una maledizione... Roger ha osato sfidare il fantasma di Thomas Querrin, l'uomo morto molti anni prima d'infarto, e ha intenzione di inscenare l'incontro nella stanza misteriosa per dimostrare che siano tutte sciocchezze.
Algy Lawrence farà sigillare la stanza e cercherà amici e supporto tra i residenti per prevenire il peggio, ma ahimè, se non ci fossero delle vittime questo non sarebbe un giallo della camera chiusa...

La trama, come dicevo, è vista e stravista, ma a Derek Smith non premeva essere innovativo. Questo romanzo, come ho già detto, è un tributo ai più grandi scrittori gialli della storia e dalle loro opere Smith pesca a piene mani. E' simpatico vedere come, mano a mano che la storia procede, l'autore cita in modo più o meno diretto diversi scrittori e romanzi considerati pietre miliari del genere: partendo da Wilkie Collins con "La pietra di luna", considerato forse il primo romanzo giallo, ed Edgar Allan Poe, il precursore del genere con i suoi racconti del raziocinio, si passa ad autori come Hanshew, O'Brien, Hamilton, Rupert Penny e Freeman Wills Croft. Tutti nomi che forse al lettore medio del giorno d'oggi dicono poco o niente, ma che sono stati tra i maggiori giallisti anglofoni dell'epoca d'oro del genere, tra gli anni '20 e gli anni '40. Smith cita anche scrittori che, oltre ad aver pubblicato storie proprie, sono considerati esperti e critici del genere letterario: trovano così spazio Fell, Carr e soprattutto Rawson, i cui meccanismi del delitto della camera chiusa vengono citati in modo estensivo all'interno della narrazione. Questa lista di nomi fa capire al lettore che il vero fulcro del romanzo non è tanto il mistero di villa Querrin in sé, quanto rendere omaggio e far conoscere ai lettori quelli che, secondo Smith, sono i giallisti da leggere assolutamente. Purtroppo molti titoli dei suddetti autori sono molto difficili da reperire in Italia, ma internet, in questo, ci dà una mano e offre numerose possibilità.

Alla fine devo dire che questo libro mi ha anche divertito, per quanto non mi abbia convinto che il genere giallo mi si addica. E' una lettura semplice e rilassante, non genera grandi aspettative ma l'autore ha fatto bene il suo lavoro e gli si perdona anche qualche scivolata stilistica e un finale piuttosto manieristico, che tanto ricorda l'hard-boiled di Chandler, tanto per fare un esempio.
Non è un romanzo sconvolgente né un capolavoro, ma ogni tanto ci sta bene anche un romanzo facile, un po' da ombrellone, per spegnere il cervello senza abbruttirsi.

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