giovedì 19 ottobre 2017

69. Margaret Atwood - The Handmaid's Tale

"There is more than one kind of freedom," said Aunt Lydia. "Freedom to and freedom from. In the days of anarchy, it was freedom to. Now you are being given freedom from. Don't underrate it."


("Esiste più di un genere di libertà, diceva Zia Lydia. La libertà di e la libertà da. Nei tempi dell'anarchia, c'era la libertà di. Adesso vi viene data la libertà da. Non sottovalutatelo.")

A volte è proprio grazie a un film o a una serie televisiva che si scoprono gioielli della letteratura. Non avevo mai sentito parlare di questo romanzo prima che venisse girato il serial andato in onda quest'anno, ma una volta adocchiato ho bramato disperatamente averlo e leggerlo. Ecco la copertina della mia copia, rigorosamente in lingua originale, altro regalino che mi sono fatta da Blackwell's a Oxford...

"The Handmaid's Tale" ("Il racconto dell'Ancella" nella versione italiana) è un romanzo distopico pubblicato ormai trent'anni fa, nel 1986, da Margaret Atwood, scrittrice e poetessa canadese.
La prima cosa che mi ha colpito di questo romanzo è la costruzione e lo stile narrativo: raccontato tutto in prima persona, è una sorta di memoria orale, solo in seguito trascritta, di una donna senza nome, e quindi senza identità. Partendo dalla descrizione della propria routine, dei propri spazi vitali e delle poche persone che la circondano, la donna ci mostra poco a poco gli orrori del mondo in cui vive, una dittatura teocratica di ispirazione cristiana veterotestamentaria in cui la vita di ogni essere umano è controllata e decisa a priori da una rigida serie di leggi.
Lo stile della Atwood è delizioso: delicato, raffinato, ricco di potere evocativo, scorre fluido e disegna attorno a noi un paesaggio mano a mano più cupo, freddo e aspro. Ciononostante per tutto il libro sono stata accompagnata da immagini luminose, cariche di colori forti, rosso, blu, verde, ma sfumati nel bianco dei veli, delle tende, delle lenzuola. Non mi ha sorpresa scoprire che quest'autrice ha scritto anche poesia; a mio avviso il tocco si sente. Inoltre la narrazione è perfettamente dosata, bilanciata: i capitoli si susseguono come una collana di perle, impossibile fermarsi, e ogni sezione è inframmezzata dalla Notte, il tempo del riposo ma anche della solitudine e della meditazione. Il tempo delle cose segrete, dei ricordi e delle follie. Se non avessi ricominciato a lavorare questo libro me lo sarei divorata; così è durato qualche giorno in più...

Impossibile parlare di questo romanzo senza spoiler. Quindi mi spiace ma chi non l'ha letto salti alla fine.

[Beware! Spoilers ahead!]

Ho sentito dire un po' di tutto di questo libro. Devo dissentire con alcuni pareri.

Secondo me questo romanzo non si concentra sullo sfruttamento sessuale della donna; il centro della storia non è quello. Non è solo la vita delle Ancelle ad essere costellata di continui abusi, poiché le Marta (le serve di casa) e le Mogli sono altrettanti impotenti, relegate al loro ruolo e alla maschera che devono indossare quotidianamente. Compito dell'Ancella è accoppiarsi col Comandante di casa, del quale porta il nome, e dargli una prole, ma il palese abuso sessuale intrinseco non è né meglio né peggio di ciò che passano le altre donne, probabilmente. La Atwood, piuttosto, fa qui una riflessione sui rapporti tra i sessi e i delicati equilibri che rischiano di spezzarsi in continuazione all'interno della nostra società. Inoltre vi è una evidente attenzione alla pericolosità della religione quando diventa una scusa per imporre il proprio stile di vita e diffondere la violenza.
La Atwood scrive pochi anni dopo aver visto la realizzazione di una catastrofe sociale molto simile: la rivoluzione in Persia e l'instaurazione di quello che è l'attuale governo teocratico in Iran. Probabilmente quegli eventi erano molto freschi nella mente della scrittrice e per una donna colta e sensibile all'arte non poteva passare inosservato non solo l'uso criminale della violenza nelle purghe della rivoluzione, ma anche la veloce presa di potere di un gruppo di estremisti religiosi che per prima cosa attaccarono le donne e la diffusione della cultura stessa. Limitazione del movimento, dell'abbigliamento, delle attività consentite, censura dei libri, dei film, della musica. E ci sono riusciti, il regime è ancora lì: in pochi anni la Persia passò da un grande stato simil-occidentale, per quanto piagato da annosi problemi interni, a un mondo isolato, arretrato e controllato tramite il terrore. Non è forse questo che narra la Atwood? Persino di più: quel che vuole dirci è che il problema non è la religione islamica, checché ne dica qualche scrittore o scrittrice occidentale, perché potrebbe succedere anche qui, anche a noi, anche nella diversissima, modernissima e cristianissima America del Nord.
Personalmente ho sentito un velo di inquietudine avvolgermi quando l'autrice cita, con nonchalance, gli eventi all'inizio della rivoluzione, l'attentato alla Casa Bianca di matrice islamica, poi rivelatosi una montatura per destabilizzare il Paese, e le milizie armate che se ne stavano pronte ad aspettare di intervenire e prendere il controllo... Se fossi un po' più complottista direi che è uno scenario per lo meno credibile in questi giorni di tensione politica, proprio e soprattutto negli Stati Uniti.

La vita della protagonista, ovviamente, è orribile, un inferno, in cui lei combatte, cercando di restare disperatamente attaccata ai ricordi della sua vita normale per non impazzire, per non perdere se stessa e la speranza, per non suicidarsi.
Non ha nome, la nostra protagonista, e credo che ci siano due motivi alla base di questa scelta. Prima di tutto togliere il nome a una persona è un modo per togliere l'identità, per farlo diventare un numero, un ingranaggio. Deumanizzare per controllare, annullare la resistenza psicologica. Le Ancelle non hanno più un nome di battesimo ma prendono il nome di chi le possiede perché si mettano bene in testa che sono ormai solo un involucro al servizio del padrone di casa. Se passasse abbastanza tempo, se nessuno pronunciasse quel nome abbastanza a lungo, l'Ancella finirebbe per perdere se stessa, per sempre.
Non solo. L'Ancella è senza nome perché è ogni donna. "Everyman", la famosa morality play, vale a dire un dramma allegorico, ha come protagonista proprio un uomo di nome Everyman, cioè "Ogni uomo", perché egli è rappresentativo di tutta l'umanità. Così l'Ancella volutamente senza nome è simbolo, immagine di qualsiasi donna, di ciò che potrebbe diventare.
Questa è una delle cose che più mi hanno dato fastidio nella serie televisiva, così come nella resa filmica: subito le hanno appioppato un nome, di fantasia chiaramente, perché non poteva esistere una protagonista senza un'identità. Volevano sapere chi fosse, darle una connotazione, che invece non doveva avere. D'altronde questo ha influito sulla caratterizzazione che poi è stata data a questa donna nelle succitate versioni: alla fine viene sempre ritratta come una combattente, una ribelle, una capopopolo quasi, che lotta per liberarsi e difendere le persone a cui vuole bene. Ne hanno fatto un'eroina e delle Ancelle un esercito, ma sono quasi certa che Margaret Atwood non volesse questo. L'Ancella non è un'eroina, ma solo una donna resiliente, che si piega ma non si spezza, che resiste in silenzio, cercando di non morire. Tutto qui. Perché non è credibile che una donna qualsiasi levi la testa in quel tipo di società e non venga giustiziata all'istante e perché le donne qualsiasi non lo fanno. Sono poche le vere ribelli, le altre hanno paura, com'è normale, e si difendono come possono. Credo che volesse parlare di loro l'autrice, che di eroi senza macchia ce ne sono già tanti nella letteratura e con quelli non si entra mai davvero in empatia.

L'autrice parla anche della corruzione insita nella società umana. Nemmeno Gilead, lo stato ideale fondato dai rivoluzionari nel romanzo, riesce a sottrarsi a questa condanna. Anzi, sono gli stessi capi della rivoluzione a mantenere in vita, con una serie di infrazioni al regolamento, usanze ritenute immorali, oggetti ormai proibiti, persino bordelli segreti. Pare che l'uomo, secondo la Atwood, sia geneticamente incapace di rinunciare alla trasgressione. In fondo in Italia questo modo di fare lo conosciamo bene, la gogna è sempre per gli altri, le regole sono per tutti tranne che per noi stessi, che se invece possiamo aggirarle è meglio. Chissà, probabilmente questa inclinazione alla trasgressione è anche lo spazio di manovra che permette all'umanità, ogni volta che si trova in una situazione di sofferenza senza sbocco, di rinnovarsi, ricominciare da capo con nuove regole.

Come ho già citato, alla fine di questa lettura ho subito provveduto a vedere sia il film del 1990 sia l'acclamata serie televisiva. Io sono una difficile, nelle trasposizioni; è vero, non mi piace quasi mai niente. Se devo dire la mia, il film mantiene molto meglio le atmosfere che io ho immaginato leggendo e anche l'identità dei protagonisti. Il telefilm invece, nonostante ciò che si è detto su qualsiasi piattaforma, per me è stato un calvario.
Probabilmente per chi non ha letto questo libro la serie ha un appeal maggiore. Chiaramente, in assenza di un parametro, ogni cosa può sembrare ben fatta. Eppure c'è così tanta diversità, non tanto negli eventi in se stessi, perché quelli si sa che possono e a volte devono essere un po' rimaneggiati per poterli narrare in altra forma, ma proprio nel sentimento alla base del romanzo e nella sensazione che questo trasmette.
Una delle scelte più scellerate, secondo me, è la sessualizzazione estrema che è stata portata avanti, puntata dopo puntata. Se ci si fa caso, c'è almeno una scena di sesso in ogni singolo episodio, spesso più di una. Nel romanzo il sesso è certamente presente ed è sicuramente il momento più traumatico della vita della protagonista in casa del Comandante, ma è molto evanescente, poco descrittivo, poco presente. Persino la Cerimonia, cioè il momento in cui l'Ancella si accoppia col Comandante, viene citata più volte nei primi capitoli, ma sempre come allusione e non viene descritta fino a circa la metà del romanzo. La metà, vale a dire dopo diversi capitoli. Un'altra cosa che certamente si sente è l'estrema differenza tra il sesso che lei è costretta a fare con il Comandante e quello che fa più avanti con Nick, nelle sue scorribande pseudo-sentimentali. Ci sono alcuni dettagli che aiutano a trasmettere al lettore il disgusto per il sesso che è obbligata a fare, primo tra tutti la descrizione del Comandante stesso: un uomo vecchio, coi capelli bianchi e un fisico ormai cadente. A questo si aggiunge la presenza della Moglie, Serena Joy, che è ormai invecchiata a sua volta e la tortura affondandole il proprio anello di fidanzamento nelle mani. Una delle cose che l'Ancella ripete più spesso è che tiene sempre gli occhi chiusi, durante la Cerimonia, aspettando che sia tutto finito.
Che scelta fanno invece nel telefilm? Scelgono un attore ancora giovane per la parte del Comandante; non solo, un uomo piacente, potremmo dire sexy, dal sorriso misterioso e seducente come i suoi occhi scuri. Joseph Fiennes può piacere o no, non si discutono i gusti, ma è la cosa più lontana da un vecchio con la pancetta e i capelli bianchi. Mi piacerebbe sapere cosa ha giustificato una scelta simile. Purtroppo temo che qualche spettatrice/spettatore, guardando la serie, abbia anche pensato "Be', io da uno così mi farei dare una ripassatina anche subito, altro che Cerimonia...". Se anche soltanto una persona avesse formulato un pensiero simile guardandola, questa resa dell'opera avrebbe perso ogni valore, tradendone anzi lo spirito. Perché poi anche la Moglie sia stata rappresentata come una donna giovane e bella mi sfugge totalmente. Forse vecchia e disabile non sarebbe piaciuta al pubblico, che avrebbe pensato che in fondo il Comandante aveva ragione a rimpiazzarla... E perché quell'Ancella tiene sempre gli occhi aperti durante il sesso? Ma se pensiamo che addirittura l'hanno fatta depilare, cosa che nel libro era proprio sottolineata come proibita...
Sono tanti i perché generati da questa serie, almeno nel mio cervello. A fronte di una continua attenzione al sesso, quasi morbosa, tanto che hanno aggiunto personaggi extra per parlarne ancora un po', la Gilead televisiva è molto meno controllata di quella del libro, le Ancelle si muovono liberamente per casa e chiacchierano spensieratamente in ogni dove; tutto ciò mentre la parte forse più angosciante del romanzo è la costante sensazione di essere spiati, l'incapacità di gestire qualsiasi aspetto del proprio tempo e del proprio corpo in modo indipendente. Anzi, è proprio quel mutismo forzato, l'impossibilità di alzare gli occhi e salutare un uomo all'interno della casa stessa, l'essere costrette a leggersi praticamente le labbra per parlare che instilla una costante ansia, la paura che paralizza anche la protagonista per quasi tutto il tempo.
Come ho già detto, se devo scegliere una versione video del romanzo, mille volte meglio il film del 1990. Anni luce, proprio.

Dimenticando tutto questo parlare di televisione, vorrei spendere le ultime due parole sul finale. L'autrice simula una convention di studiosi del periodo storico a cui risale la testimonianza anonima dell'Ancella, dandoci così una visione di ciò che è successo dopo, non alla protagonista ma al suo mondo. 150 anni dopo la Repubblica di Gilead sembra essere collassata su se stessa, per tornare a una società molto simile a quella precedente, cioè alla nostra società contemporanea. Messaggio positivo, quindi: tutto passa. Non sappiamo invece se la nostra Ancella sia riuscita a scappare, a sopravvivere, ma ancora una volta forse non era quello il focus per la Atwood: lei è solo una tra tante e sappiamo che altre ce l'hanno fatta, si sono salvate e hanno lasciato le loro storie, e che il mondo è andato avanti e ha superato quel periodo.
Quello che mi ha lasciato un senso di disagio, riguardo quest'ultima parte, è la leggerezza con cui si parla di quel periodo storico e del racconto dell'Ancella. Sono i posteri: l'autrice dà un'idea del distacco emotivo con cui si guardano e giudicano gli eventi e le esperienze altrui quando sono lontane dal nostro vissuto. Sono vite umane, quelle di cui si parla, violenze, morti, ma visto che sono così distanti da chi le legge ci si può anche fare una battuta sopra, e perché no qualche risata.
Non serve vivere nel futuro per avere quel genere di distacco dagli eventi. Noi stessi siamo tremendamente freddi nel discutere al bar delle situazioni in Medio-Oriente o in Africa...

[End of spoilers!]

Conclusione: questo romanzo è meraviglioso e struggente allo stesso tempo, non capisco perché non fosse più famoso a livello mondiale, ma merita di essere letto e discusso al giorno d'oggi come trent'anni fa. Un libro modernissimo, fortemente attuale nel suo essere una distopia (quindi riuscitissimo). E' entrato di prepotenza nella mia lista dei preferiti. Deve essere letto. Soprattutto se si è familiari con la cittadina di Bangor, Maine, negli Stati Uniti! (Sì, ci ho messo un po' a capirlo, ma è proprio ambientato lì. Vicino a casa di Stephen King, dove tanti altri eventi orrorifici hanno regolarmente luogo in letteratura. Brrr...)

2 commenti:

  1. Ho ancora più voglia di leggerlo!
    (Bene, Bonus Docenti, ora sai a che sei destinato)

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    Risposte
    1. Devi! Devi leggerlo per forza! Tu poi che ami la distopia non puoi vivere senza!
      Mi consola il fatto che neanche tu lo conoscessi, mi fa sentire meno ignorante...

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