I classici della letteratura per l'infanzia li conosciamo tutti. Nel tempo la lista si è allungata non poco e romanzi come "Peter Pan" o "Pinocchio" si trovano facilmente nelle case di chiunque. Almeno credo.
Ci sono autori per l'infanzia che mi sono piaciuti moltissimo, come Roald Dahl o Michael Ende, altri che mi hanno deluso o che, a mio parere, sono stati parecchio fraintesi. Ad esempio, nessuno mi convincerà mai del tutto che "Il mago di Oz" sia un libro per bambini, perché io dentro ci ho visto molto altro che solo un adulto potrebbe cogliere; un altro esempio è l'autore britannico Saki, che in Italia è stato pubblicato in collane evidentemente dedicate all'infanzia, ma che anche ad una lettura superficiale risulta inadatto ad un tale pubblico. Meraviglioso per gli adulti, almeno se piacciono le short stories un po' cupe, di un'ironia tagliente e dai finali inaspettatamente spiazzanti, ma decisamente non per bambini.
Pur essendo stagionata amo ogni tanto ritornare a sfogliare quelle pagine che avrebbero dovuto appassionarmi da piccola...se solo non avessi avuto tanta fame di letteratura per adulti. Non so bene cosa mi piaccia tanto dei libri per bambini, non riesco a mettere a fuoco con precisione ciò che provo leggendoli, ma quando un libro è bello trovo tanti spunti, tante emozioni, piccoli boccioli di verità racchiusi in immagini semplici e immensamente profonde allo stesso tempo. E poi la fantasia... Nessun libro per adulti batterà mai lo sfrenato utilizzo dell'immaginazione che viene fatto dagli autori di storie per l'infanzia. Gli adulti vogliono che, anche nel fantasy, tutto torni: la magia deve funzionare in modo logico, gli avvenimenti, anche i più strani, devono essere spiegabili, riconducibili a limiti e a una funzionalità interna alla storia e al mondo che la contiene. Gli autori per bambini non si pongono tutti questi paletti, perché al loro pubblico della razionalità non frega niente e che qualcosa sia possibile o no, ragionevole o no, spiegabile o in completa contraddizione con quanto detto prima è totalmente irrilevante. E allora, be'... Si può scrivere proprio di tutto!
Tornando alla mia passione per questa branca della letteratura, oggi vorrei concentrare l'attenzione su due titoli poco conosciuti ma che mi hanno dato grande soddisfazione. Sarebbe stato troppo semplice, quasi scontato, consigliare dei romanzi che tutti conoscono, che sono universalmente riconosciuti come grandi esempi di letteratura. No, a me piace essere strana.
Il primo romanzo che ho pensato di consigliare è "Nicobobinus", scritto da Terry Jones. Un po' datato e quasi impossibile da recuperare in Italia, è la storia di un bambino dal nome davvero strano, Nicobobinus appunto, che insieme alla sua amica Rosie parte per un viaggio fantastico durante il quale visita posti incredibili, conosce personaggi pazzeschi e vive mille avventure. Partendo dalle strette calli di Venezia, Nicobobinus si ritrova ad affrontare nemici temibili e spietati e a combattere contro il tempo per sopravvivere.
Lessi questo libro da piccolina, avrò avuto 8 anni, uno dei pochissimi che presi in prestito dalla biblioteca (da allora la mia ossessione per il possesso dei libri si è drammaticamente inasprita...) e mi piacque tantissimo. Con gli anni, in qualche modo, il ricordo del disegno di copertina, di quel ragazzino dal nome strano e lunghissimo che cade dal cielo è rimasto nel mio cuore; arrivata all'età della ragione non ho potuto far altro che accaparrarmene una copia via internet. Ho scelto di comprarlo in inglese e appena mi è arrivato l'ho riletto tutto d'un fiato. Che dire, mi ha conquistata come la prima volta. E forse anche di più.
Sì, perchè "Nicobobinus" è una storia un po' scomoda, in cui i cattivi sono davvero cattivi e alcuni di questi cattivi sono persone socialmente insospettabili... Ad esempio dei religiosissimi monaci. Terry Jones, famoso (almeno per gli estimatori del genere) per essere uno dei componenti dei Monty Python, fa in questo romanzo scelte di rottura, inequivocabilmente forti. Non risparmia critiche a nessuno e, con gli occhi di un'adulta, vedo una satira intelligente e aspra che filtra tra le pagine del libro. Chissà, forse pur non ricordando granché, era anche questo ad avermi colpita tanti anni fa...
Insomma, un libricino davvero interessante e godibile sia da piccini che da grandi!
Il secondo libro che vorrei citare è "Un anno col fantasma" di Ann Phillips. Questa storia di fantasmi ambientata in Inghilterra negli ultimi anni della Belle Epoque è davvero davvero inquietante senza essere splatter nè horror. Niente persone sgozzate, niente demoni che ti rubano l'anima; soltanto una ragazzina, Florence, che sentendosi sola, annoiata e desiderosa di un amico decide di fare un rito di evocazione e richiama Georges, un bambino fantasma. Tutto bene finché Georges non inizia a richiedere tutta la sua attenzione e a perseguitarla perché giochi con lui giorno e notte...
Ciò che mi ha colpito di questa storia è stata prima di tutto la descrizione dell'evocazione e del rito di esorcismo, più avanti. Ann Phillips non fa semplicemente accadere le cose, ma utilizza gestualità e simboli presi in prestito dalla magia, o stregoneria, tradizionalmente giunta fino a noi. Un tocco di praticità che mi ha positivamente sorpreso.
Inoltre la narrazione del rapporto malato tra Florence e Georges è semplice ma coinvolgente. Dal puro divertimento si passa al fastidio, all'esasperazione e infine alla vera e propria paura. Georges, il fantasma, è tratteggiato in maniera splendida. Il suo carattere aggressivo, egoista e malevolo traspare al lettore adulto fin dalle prime battute scambiate con Florence. La sua reticenza nel non voler condividere con la ragazzina il suo passato, le sue origini misteriose dovrebbero mettere in guardia la bambina, ma lei mostra un'ingenuità quasi disarmante nel non comprendere, o nel rifiutarsi di capire, quanto quel gioco stia diventando pericoloso. Ovviamente dovrà farlo a sue spese.
Ciò che mi ha colpito di questa storia è stata prima di tutto la descrizione dell'evocazione e del rito di esorcismo, più avanti. Ann Phillips non fa semplicemente accadere le cose, ma utilizza gestualità e simboli presi in prestito dalla magia, o stregoneria, tradizionalmente giunta fino a noi. Un tocco di praticità che mi ha positivamente sorpreso.
Inoltre la narrazione del rapporto malato tra Florence e Georges è semplice ma coinvolgente. Dal puro divertimento si passa al fastidio, all'esasperazione e infine alla vera e propria paura. Georges, il fantasma, è tratteggiato in maniera splendida. Il suo carattere aggressivo, egoista e malevolo traspare al lettore adulto fin dalle prime battute scambiate con Florence. La sua reticenza nel non voler condividere con la ragazzina il suo passato, le sue origini misteriose dovrebbero mettere in guardia la bambina, ma lei mostra un'ingenuità quasi disarmante nel non comprendere, o nel rifiutarsi di capire, quanto quel gioco stia diventando pericoloso. Ovviamente dovrà farlo a sue spese.
Verso la fine la storia prende una piega più drammatica e altre persone care a Florence verranno danneggiate dalla presenza del fantasma Georges. Sul finale la Phillips inserisce un altro dettaglio non scontato: i fantasmi sono spiriti e come tali possono cambiare sembianze a proprio piacimento. Georges sarà quindi davvero un bambino? E com'è morto? Cosa vuole davvero da Florence e dagli abitanti di villa Paragon?
Una storia emozionante da leggere tutta d'un fiato, con un crescendo di tensione che sicuramente funziona sui giovani lettori, visto che ha funzionato anche su di me da grande. Se piace il genere assolutamente consigliatissimo!
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