Jun'ichirō Tanizaki è un maestro della scrittura giapponese. Nato nel 1886, sorprende per la modernità delle tematiche, o meglio per la natura scioccante dei suoi scritti. Tanizaki si addentrò con il proprio lavoro nei desideri oscuri dell'uomo, nelle fantasie inconfessabili, nel torbido della libido, concentrandosi soprattutto sul tema del rapporto uomo-donna. Il concetto di amore in Tanizaki è masochistico: l'uomo è sempre in balia di una donna bellissima e crudele, una dea malvagia che può fare di lui ciò che vuole, anche togliergli la vita.
Il romanzo breve "Morbose fantasie", opera giovanile pubblicata a puntate in Giappone nel 1918, non si discosta in questo dal resto della produzione dello scrittore.
I protagonisti sono fondamentalmente due: Takahashi, uno scrittore, persona rispettabile e pragmatica ma pronto a spendersi per gli amici o chi ritiene sia in pericolo, e Sonomura, suo ricco amico dalla passione morbosa per il macabro e considerato da Takahashi sull'orlo della pazzia.
A questi si aggiunge una donna misteriosa, bella seppur imperfetta, perché carismatica, passionale e soprattutto crudele e perversa: Eiko. Ma la bella Eiko apparirà in un secondo momento...
La storia si apre con una telefonata: Sonomura chiama l'amico per chiedergli di andare con lui ad assistere a un omicidio. Inizio inquietante e misterioso, da vero thriller, con tanto di momento investigativo: Tanizaki, che era un grande fan di Edgar Allan Poe, si ispira ad alcuni dei suoi racconti, in particolare alle sue detective stories e a "Lo scarabeo d'oro", citato apertamente da Sonomura nel romanzo. E' proprio durante questa strana ricerca che i due vedono per la prima volta Eiko e ne rimangono folgorati. Inevitabilmente il loro incontro finirà per cambiare la vita di entrambi, in particolare quella di Sonomura.
Proprio Sonomura è, a mio parere, il protagonista della storia, sebbene non ne sia il narratore. Ci viene presentato come un uomo annoiato dalla vita, alla continua ricerca di nuovi stimoli, nuove passioni, e per questo disposto a fare qualsiasi cosa, anche mettere a repentaglio la propria vita. Sonomura incarna secondo me il nucleo morboso dell'opera. Il suo desiderio di evasione e di cambiamento lo rende una persona instabile, un uomo disperato che cerca qualcosa di estremo pur di sentirsi vivo. Per un uomo così, anche la vita perde di senso e diventa un bene come un altro, a cui si può persino rinunciare.
Come dicevo, l'inizio è quasi quello di un giallo ed è a mio avviso molto appassionante. Tanizaki ha uno stile fluido e semplice, eppure ricco di particolari. Se avessimo una mappa di Tokyo di inizio secolo si potrebbero seguire gli spostamenti dei protagonisti passo passo, per quanto il tragitto è dettagliato. Le atmosfere sono innegabilmente giapponesi ma molto moderne; insomma, se non fosse per i progressi tecnologici ci si accorgerebbe a malapena di visitare un Paese vecchio di un secolo.
Tuttavia verso la fine il tono del romanzo cambia e il finale giunge inaspettato, spiazzante e, per me, un po' deludente. Forse è stato il crollo della tensione accumulata, che mi ha annebbiato la mente nel momento in cui i protagonisti fornivano tutte le spiegazioni del caso...
Tanizaki è famoso, come già accennato, per la sua esplorazione delle fantasie sessuali e delle relazioni più morbose. La fantasia centrale, in questa storia, è quella dell'omicidio. Tuttavia si potrebbe dire che ci troviamo di fronte a una serie di scatole cinesi, perché se a prima vista l'incarnazione di tale fantasia malata è Eiko, presto ci si rende conto che Sonomura lo è altrettanto, nel suo smodato desiderio di presenziarvi prima e di esserne protagonista poi. E che dire del narratore, che a sua volta cede alla tentazione di assistere non a uno, bensì a due omicidi, il secondo dei quali con l'amico Sonomura come vittima?
Questo gioco di specchi, questa fantasia nella fantasia, è un po' il trend del romanzo. Anche il tema della follia ha lo stesso sviluppo contorto. Sonomura viene presentato come pazzo, ma presto ci rendiamo conto che la sua lucidità mentale è impressionante, direi superiore a quella di Takahashi, e quelle che si credevano sue illusioni si rivelano fondate. Tuttavia il suo comportamento torna ad essere folle, in un susseguirsi di scelte scellerate che rivelano la verità soltanto alla fine.
Anche il personaggio di Eiko, la trasformista, colei che ammalia, seduce e tradisce, si rivela una sovrapposizione confusa di strati, tra verità supposte, inganni e depistaggi. Femme fatale, personaggio che mai può mancare nelle storie di Tanizaki, ha in questo libro un carattere particolare, più imperniato sulla maschera che porta che sulla sua vera natura di dominatrice.
Arrivati dunque in fondo, posso dire che questo romanzo mi sia piaciuto? Sicuramente è godibile e accattivante; la prima parte scorre e cattura il lettore e la storia è tutt'altro che banale, anzi riserva alcuni colpi di scena. Ciò che non mi ha convinto del tutto è stato il finale, che continua a parermi un po' sottotono rispetto al resto del libro. Insomma, una lettura gradevole che mi ha introdotto ad un autore talentuoso che vorrei conoscere meglio e che approfondirò; ciononostante questo non si può definire un suo capolavoro. Perfetto per una lettura veloce (soltanto 82 pagine!), da divorare tutto in un weekend.
Nessun commento:
Posta un commento