giovedì 13 aprile 2017

45. Wei Wei - La ragazza che leggeva il francese

Più riguardo a La ragazza che leggeva il franceseConcludo la mia piccola incursione in terra cinese con un romanzo curioso, che con la sua leggerezza di stile mi ha appassionato e mi ha fatto scoprire un altro pezzettino di storia cinese.

Per una persona che ha studiato lingue (non solo europee) e che ha approfondito filologia e glottologia in tesi, non solo, per una persona che di mestiere fa l'insegnante di lingua straniera, per quanto essa sia il nazional-popolare inglese, la lettura di questo romanzo è, a mio avviso, un viaggio affascinante. Abituati a vedere le lingue asiatiche come estranee, aliene alla nostra struttura linguistica, e soprattutto difficilissime da apprendere, è interessante osservare l'altra faccia della medaglia: una lingua europea, per di più romanza, come il francese descritta dalla prospettiva di una ragazza cinese che l'ha dovuta imparare.

"La ragazza che leggeva il francese" è il romanzo più o meno autobiografico della scrittrice di origine cinese Wei Wei. Nata nel 1957 nel sud della Cina, vive oggi in Inghilterra dopo aver trascorso alcuni anni in Francia. E ad averla portata in Europa è una sventura, da un certo punto di vista: l'essere stata scelta, contro la sua naturale inclinazione e ambizione, per studiare all'università lingua francese e diventare un'interprete.

Il primo tema approfondito in questa storia è, senza ombra di dubbio, il libero arbitrio, la libertà di scelta e la negazione della stessa all'interno della cultura cinese, almeno per quanto riguarda gli anni '60/'70. Durante la Rivoluzione culturale, periodo in cui la giovane Wei Wei frequenta la scuola, non era dato all'individuo di poter scegliere la propria strada. L'accesso all'università era fortemente limitato, le selezioni durissime e spesso corrotte, e il giovane studente veniva spesso rifiutato da un corso di studi senza sapere perché, o dirottato in seguito verso un'altra disciplina totalmente differente.
E' ciò che accade a Wei Wei, che partita dal sogno di diventare medico, è costretta ad abbandonare il proprio progetto a causa del passato non del tutto cristallino della sua famiglia (anche il minimo problema all'interno del partito era un precedente insormontabile che avrebbe infangato la reputazione dell'intera famiglia per generazioni) e solo grazie alla sua appartenenza ad una delle minoranze etniche cinesi viene poi ammessa ai corsi universitari a loro riservati, per studiare però lingua francese. Wei Wei è disperata di fronte a questo futuro: a lei le lingue non interessano, non conosce nulla né di francese né della Francia e ha speso anni a prepararsi a tutt'altra professione. In Cina però non c'è spazio per la volontà, i desideri del singolo, ma solo per ciò che serve al Paese. Mi fa sempre pensare a un formicaio o ad un alveare, questa Cina, in cui il comunismo ha eliminato il cittadino in nome di una grandezza e di un progresso globale di cui poi, quel singolo cittadino, non ha goduto mai (e nemmeno i suoi discendenti, spesso e volentieri).
Noi che in Europa abbiamo esaltato tanto la diversità, le inclinazioni personali, l'unicità (spesso fino all'esagerazione) non possiamo nemmeno immaginare un Paese così. E non si tratta solo dell'ambito lavorativo o di studio: anche la vita privata, amorosa, era all'epoca regolata con la stessa concezione di dovere imposto. Sottolineo l'uso del passato perché non ho idea di come sia la situazione corrente e non mi azzarderei mai a giudicare un Paese dalla sua cultura di 50 anni fa. Sono speranzosa che la situazione sia un po' cambiata, almeno dal punto di vista dei legami personali...

Comunque sia la protagonista di questa storia non molla mai, non si lascia mai vincere dalla delusione o dalle avversità. Il sistema e la famiglia la avversano, in modo e in ambiti diversi, ma lei trova sempre una maniera di andare avanti, ricaricarsi, scovare nuove ragioni per lottare. E' una ribelle dentro, Wei Wei, e forse lo studio del francese faceva davvero per lei, perché si sa che la storia francese è una di rivoluzioni... Sarà la letteratura francese (notare bene, quasi introvabile in Cina, perché la lettura della narrativa straniera non era incoraggiata affatto durante il Comunismo di Mao) ad aprirle le porte di un altro mondo, di possibilità diverse, e a farle trovare un senso nello studio della lingua francese, che inizialmente non apprezza per nulla.

Questo processo di apertura all'Occidente e, di conseguenza, la presa di coscienza della vastità e diversità del mondo, è descritto con una bellissima metafora dalla scrittrice. Non posso non condividerla qui sotto...

Una ranocchia nasce nelloscurità di un pozzo profondo. Vi passa linfanzia e ladolescenza. Non esce mai perché lidea di avventurarsi fuori non le passa mai per la mente. Contempla tutti i giorni il cielo dal fondo del suo nascondiglio e crede non sia altro che un piccolo disco talvolta bianco, talvolta grigio, talvolta azzurro, talvolta velato, talvolta luminoso...
Poi, un bel pomeriggio destate, un uccellino viene a posarsi sul bordo del pozzo:
Posso bere un po dacqua? Muoio di sete.
La ranocchia annuisce:
Bevi quanto vuoi.
Poi gli domanda con curiosità:
Da dove vieni?
Dal cielo. Ho volato più di duecento li.
La ranocchia strabuzza gli occhi stupita:
Duecento li? Ma esageri! Il cielo non è più grande dellentrata del mio pozzo, lo vedo tutti i giorni da qui.
Luccellino scoppia a ridere:
Esci e guarda. Io devo proseguire il mio viaggio. Arrivederci, e grazie dellacqua!
Poi vola via.
La ranocchia esita un istante, poi balza su una piccola felce che spunta da una fessura vicino al bordo del pozzo. Allunga il collo e osa timidamente mettere fuori la testa famelica: ma... ma il cielo è così GRANDE!

Forse la cosa che mi ha colpito davvero più di tutto il resto è l'incredibile forza di questa ragazza, la determinazione, la volontà di non arrendersi mai e di continuare a lottare per ciò che sente davvero. Non tutti abbiamo questa forza, come ci racconta anche il romanzo, ma tutti dovremmo ambire a lottare per essere liberi.

Inoltre non si può ignorare il messaggio d'amore per i libri: è la lettura dei classici francesi a far rinascere in Wei Wei la voglia di esplorare il mondo e opporsi alla castrazione psicologica a cui la sua società è soggetta. Il potere della letteratura è una verità ignorata solo dalla popolazione occidentale del giorno d'oggi. In passato, e in molti Paesi ancora oggi, chi deteneva il potere sapeva molto bene che certi libri sono dinamite e rischiano di far esplodere gli animi: per questo esistevano le liste di libri proibiti, per questo ancora oggi opera la censura. Trovo sempre incredibile quanta poca rilevanza viene data alla lettura dalla gente comune, quanto la trovino semplicemente noiosa e la evitino con cura. E pensare che su una persona può operare un cambiamento così grande! Io i libri li amo, si sa, è una cosa viscerale, ma non potrei mai farne a meno. La passione per la lettura dei classici della protagonista mi ha fatto sentire ancora più forte il valore della mia piccola collezione di libri casalinga.

Una nota ora dal profondo del mio animo di prof: ma è mai possibile che questa ragazza, madrelingua cinese, abbia avuto la forza e la costanza di imparare il francese mettendoci anima e corpo, leggendo interi romanzi con un dizionario da una parte e un quaderno dall'altra per appuntarsi tutto ciò che imparava, mentre io a scuola non riesco nemmeno a far leggere ai miei allievi due paginette in inglese corredate da appunti e didascalie? Da questo punto di vista la lettura è stata frustrante. Mi ha ricordato quanta fatica, anche fisica, imponesse lo studio fino a qualche anno fa, il lavoro di ricerca dei materiali, sempre così difficili da reperire, le ore passate a rimuginare sui libri e la soddisfazione del traguardo raggiunto quando si riusciva a cavarne un ragnetto. Oggi sono davvero pochi gli studenti disposti a tanto carico di lavoro e mi amareggia un po' che anche la mia materia, l'inglese appunto, abbia così poca presa sui ragazzi. Eppure l'inglese è forse quella lingua che non solo ti apre le porte del mondo, ma ti mette proprio le ali! Invece, quando chiedo ai ragazzi perché l'inglese è importante, mi sento dire cose tipo "è obbligatorio" o "a me non interessa, tanto non vado all'estero in vacanza". Forse fa sentire più sicuri chiudersi nel proprio piccolo mondo, dove tutto è conosciuto e familiare, anche ciò che non ci piace. Lo scontro tra culture è sempre doloroso e un giorno dovrò accettare che non tutti hanno voglia di misurarcisi.

Il romanzo si conclude con un finale un po' alla francese, sintomo che l'autrice ha ben interiorizzato la cultura francese... :)
In verità ho scoperto che ci sono altri romanzi semi-autobiografici di Wei Wei e mi piacerebbe in futuro recuperarli e scoprire com'è andata avanti la sua storia, come c'è andata a finire in Francia. Sicuramente è un romanzo che per il momento consiglio a chi voglia leggere qualcosa di facile, non troppo drammatico e ciononostante caratteristico del periodo post-Rivoluzione Culturale cinese.

P.S.: Il titolo originale di questo romanzo è "Una ragazza Zhuang" e si riferisce all'etnia della protagonista, appunto Zhuang, cioè una minoranza all'interno della Cina (che è a maggioranza Han). Se a qualcuno venisse la scimmia di dare un'occhiata a vestiti tipici e nomi delle altre minoranze, qui ce ne sono un po'. Buon divertimento!

Ragazza Zhuang in costume tradizionale

6 commenti:

  1. Secondo te lo si può far leggere alle medie?

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    1. Mmm... Non saprei. C'è un suicidio di mezzo. Poi per carità, non va nei dettagli, e all'epoca pare che i cinesi fossero praticamente asessuati, ma la protagonista ha vent'anni e non so quanto i ragazzi delle medie sappiano empatizzare con i problemi di una che deve fare l'università. Però se vuoi te lo presto!

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    2. Tra l'altro ora mi è venuta una miniscimmia della dislessia cinese. Ci saranno i dislessici in cinese? Il sistema è completamente diverso, per leggere ci sono gli ideogrammi, non i fonemi. Funzionerà meglio o peggio? Tu che sai lo sai?

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    3. Non lo so, ma secondo me il mio tipo di dislessia con difficoltà fonema / grafema non pone problemi per le lingue a ideogrammi. Ho il forte sospetto che sia un problema più grave con le lingue alfabetiche. Dato che però non ho mai tentato di impararne una la mia rimane una teoria. Non mi è mai capitato di leggere di dislessici cinesi o giapponesi, ma questo non vuole dire niente.

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