martedì 14 febbraio 2017

37. William Peter Blatty - L'esorcista

Quando si nomina "L'esorcista" subito nella mente fanno capolino le scene del celeberrimo film horror del 1973, ma forse non molti sanno che questo fu tratto da un omonimo libro, scritto dallo stesso autore che ne firmò poi la sceneggiatura.

Vista la tematica forte e l'evidente inquietudine trasmessa dalle scene più famose, forse molti si sentirebbero prevenuti nell'affrontarne la lettura. Anch'io ho avuto quest'idea per anni e, sebbene mi avessero regalato il libro parecchio tempo fa, non avevo mai avuto il coraggio di prenderlo in mano e leggerlo. Sottolineo che il regalo non era stato fatto totalmente a caso: io sono una discreta lettrice di horror, o almeno lo sono stata in gioventù, ma la tematica possessione demoniaca mi ha sempre messo a disagio, sicuramente più di zombie famelici o alieni assassini dallo spazio. Probabilmente sarebbe rimasto intonso sullo scaffale se un'amica non l'avesse adocchiato e chiesto in prestito circa un anno fa. A lei è piaciuto (e qui trovate il suo post al riguardo) e allora ho deciso di dargli una chance. Certo, ha dovuto aspettare ancora un bel po'...

Non ho ricordi chiarissimi del film, devo dire la verità, ma ciò che colpisce del libro, a mio parere, è che la piccola posseduta si vede veramente poco. I fenomeni più spaventosi, quelli che tutti appunto abbiamo impressi nella memoria fotogramma per fotogramma, accadono tutti nelle ultime 50-80 pagine. Per le prime 250, invece, i veri protagonisti sono altri.
Il perno attorno a cui gira la storia, più che la possessione, pare essere la casa dove risiede la famiglia MacNeal con tutti i suoi ospiti. L'attrice Chris MacNeal vive con sua figlia Regan, l'assistente personale che funge anche da istitutrice della bambina e due domestici in una villetta di Washington. Si sono trasferiti tutti lì a causa del lavoro di Chris e si stanno ancora ambientando, quando la piccola Regan inizia a lamentare strani fenomeni di disturbo nella sua camera da letto. Di lì a poco sembra ammalarsi improvvisamente, dando segni di squilibrio mentale.
Ciò su cui Blatty sembra puntare non è tanto il progredire del disturbo di Regan, quanto la reazione delle persone che le stanno attorno. Chris è la vera protagonista femminile del romanzo. Una donna affascinante e molto giovane ma con alle spalle già un divorzio e un grave lutto: la perdita del figlio maschio a causa di una malattia che i dottori non hanno saputo curare, o che hanno forse peggiorato. Una donna energica, che ama essere circondata dalla gente e stare al centro dell'attenzione di tutti, e che forse per questo trascura un po' quest'unica figlia, che passa la maggior parte del suo tempo da sola o con la giovane assistente. Chris è atea e appare anche abbastanza ignorante; sicuramente è una donna pronta a credere un po' a tutto e a niente, finché questo la intrattiene. Sotto sotto appare evidente che si tratta di una persona molto sola, una ragazzina mai cresciuta davvero. La sua vita è completamente sconvolta dal malessere di Regan. Di colpo è chiamata a mettere in prospettiva la sua vita, chiarire le sue priorità e decidere a cosa tiene di più: al suo lavoro, ai soldi o a salvare la vita di sua figlia ad ogni costo. Quella leggerezza, la spensieratezza che era inspiegabilmente sopravvissuta, almeno di facciata, alla perdita del figlio viene definitivamente stroncata, ma nel momento peggiore esce finalmente una forza e un senso pratico che la salvano in fondo dall'orrore di ciò che le accade intorno.
Il secondo protagonista invece è esterno alla famiglia, ma viene introdotto quasi subito. Si tratta di un prete, un gesuita dottore in psichiatria di nome Damien Karras. E' un uomo semplice, che viene da una famiglia povera, costantemente angustiato dal senso di colpa per l'abbandono della madre, che muore all'inizio del libro, e da un profondo disagio che mette alla prova la sua fede. Karras è sportivo, razionale, una persona pacata e brillante, ma forse anche a causa del ruolo di orecchio amico che ha assunto negli anni all'interno della congregazione per via della propria specializzazione inizia a non poterne più del peso che si porta dentro. Sono i tanti segreti dei confratelli, i dubbi, le incertezze e le paure di coloro che si confidano con lui e che lui deve confortare e consigliare ad avergli lentamente tarlato l'anima, fino a fargli dubitare della propria fede in Dio. Ciò che mi ha subito colpito di Karras è che, nonostante la sua età relativamente giovane (non è specificato chiaramente, ma dovrebbe avere poco più di 40 anni) il lettore lo percepisce come un vecchio. Quella stanchezza, quella disillusione che accompagna i suoi pensieri, le sue riflessioni, sono tipici di un uomo molto più anziano, un uomo stanco di vivere, che fa fatica a trovare un obiettivo. Io non sono riuscita ad accorgermi realmente di questo contrasto fino a che non entra in scena l'esorcista del titolo, padre Merrin. Merrin è l'opposto di Karras: un uomo ormai molto anziano e malato di cuore, ma dall'animo eccezionalmente forte e pieno di spirito, la cui fede brilla incrollabile.

Il caso di presunta possessione di Regan lo pone per l'ennesima volta di fronte al conflitto ragione-fede, che è anche un tema centrale del romanzo. Per l'intero corso delle vicende i protagonisti cercano di dare una spiegazione a ciò che sta accadendo alla piccola Regan, tentando di non farsi suggestionare e prendere dal panico ma procedendo in modo razionale e scientifico. E' affascinante come, nell'osservare gli eventi paranormali che si verificano, i primi a pensare davvero all'opera del demonio siano Chris e i medici che hanno in cura la bambina, cioè i rappresentanti di quella scienza atea che dovrebbe negare la possessione demoniaca; a non esserne convinto fino all'ultimo, invece, a cercare di ricondurre alla ragione anche ciò che non può in nessun modo essere spiegato dalla scienza è padre Karras e la Chiesa stessa. Anche il lettore segue il progredire del disturbo con ansietà, chiedendosi se i sintomi di Regan siano davvero riconducibili ad una patologia psichiatrica, e l'autore è bravissimo a mantenere l'ambiguità, a non dare mai chiari indizi di propensione per l'una o l'altra tesi. Ovviamente l'esorcismo finale rende nota la causa soprannaturale dei disturbi...ma intanto ci ha fatto riflettere su quanto potere ha la mente umana, su ciò che un problema psichiatrico può causare anche a livello fisico, sulle potenzialità nascoste dell'uomo.
Blatty peraltro si è informato bene prima di scrivere questo romanzo e deve essersi fatto una scorpacciata di testi a tema possessione demoniaca. Tra i vari libri citati voglio fare una menzione particolare per "Possession demoniacal and other" di T. K. Oesterreich, professore e studioso di fenomeni di possessione che pubblicò nel 1930 questa raccolta di storie vere (ovviamente ritenute vere dall'autore all'epoca) provenienti da tutto il mondo e risalenti a diverse epoche storiche. Il libro è ovviamente introvabile in formato cartaceo, ma la versione in inglese è scaricabile da internet in pdf in modo totalmente legale (come io ho prontamente fatto).

Lo stile narrativo di Blatty non è pregevolissimo, anzi lascia spesso a desiderare. Mi ricordo di aver finito il primo capitolo dicendo tra me e me "Ma questo autore sa scrivere?". Davvero, il primo e il secondo capitolo in particolare sono illeggibili. Invece poi si riprende, i dialoghi gli vengono decisamente meglio e gli capita anche di uscirsene, in momenti assolutamente insperati, in frasi di un lirismo meraviglioso. Blatty non parla a un pubblico istruito in materia religiosa, anzi specifica tutto e cita episodi della Bibbia piuttosto famosi, pur di permettere al lettore di comprendere ciò che sta succedendo (e di cogliere lo scontato parallelismo tra un passo del Vangelo in cui Gesù esorcizza Legione e il finale del romanzo). Insomma, niente pretese se non quella di accompagnare il lettore in una strana storia dai contorni paranormali e lasciare che questi empatizzi coi protagonisti e segua il destino della piccola Regan fino in fondo. Blatty pecca anche di disorganizzazione testuale, inserendo un sacco di sottotrame e personaggi inutili, che distraggono più che caratterizzare, ma alla fine lo perdoniamo perché il romanzo è godibilissimo e ciò che non è servito a nulla se non a riempire qualche paragrafo in più lo dimentichiamo.

Non posso dire che questo libro non sia inquietante: sarebbe una falsità. Molto, ovviamente, dipende dal proprio rapporto con l'occulto e quanto si crede che una possessione demoniaca possa succedere o meno nella realtà. Tuttavia il romanzo ha risvolti così intensi dal punto di vista psicologico e coinvolge emotivamente così bene da valere assolutamente una lettura. Di giorno e con la luce accesa, però!

2 commenti:

  1. Come al solito hai colto un sacco di sfumature che a me erano sfuggite!
    E concordo anch'io che lo stile dell'autore sia "particolare". Non so se scriva davvero male o semplicemente non segua le regole universalmente applicate alla letteratura di intrattenimento odierna (io ricordo continui passaggi di punti di vista).
    in ogni caso un'ottima lettura di san valentino ;)

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    1. Io più che altro non so se sia la traduzione a fare orrore o se davvero scriva così. A me ciò che proprio non è piaciuto è il suo modo di descrivere e introdurre i personaggi. Terribile, non si capisce nulla. E poi troppi personaggi urlanti buttati lì alla rinfusa a inizio storia mi mettono il nervoso.

      Comunque sono quasi certa che tu abbia notato tutto e anche di più, ma non senti il bisogno di scrivere tutto tutto tutto e poi ti passa di mente... Fidati che il mio è solo bisogno di riempire il post! ;)

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