Provo sentimenti molto contrastanti nel commentare questo libro. Ne ho sentito parlare da tante persone con grandi elogi e mi rendo conto dell'importanza di questa testimonianza nel panorama internazionale letterario, ma... C'è, anzi ci sono, un sacco di "ma" e non riesco a concedere a questo libro un pieno cenno di approvazione.
Ciò che mi aspettavo di leggere in quest'opera, che sta a metà strada tra un'autobiografia e un saggio letterario, è un ritratto della condizione della donna in Iran. In effetti lo è, o meglio, l'autrice fa anche questo. Ancora meglio, ci descrive proprio gli anni di passaggio dalla Persia dello scià all'Iran della rivoluzione guidata da Khomeini e come il Paese è cambiato dopo la morte di quest'ultimo.
Potenzialmente il materiale è esplosivo, estremamente coinvolgente e attuale, in quest'epoca di continui conflitti religiosi e di femminicidi nostrani.
Tuttavia qualcosa non mi ha convinto e non so bene nemmeno io cosa. Cercherò di farmene un'idea mentre scrivo...
Prima di tutto la scrittrice è una professoressa universitaria, che ha vissuto in America per molti anni e vi ha studiato letteratura angloamericana prima di tornare ad insegnare all'università di Teheran. Di origini iraniane, sposata con due figli, racconta la difficoltà di insegnare letteratura occidentale, per di più americana, in un Paese in cui l'occidente è considerato il Male.
La prima cosa che mi ha colpito è la follia di questa dittatura che lascia la possibilità di studiare letteratura inglese all'università ma ne vuole controllare il programma e censurare i testi. Com'è anche prevedibile, non c'è praticamente nessun autore che risulti accettabile al governo islamico; persino Jane Austen viene considerata immorale.
Prospettavo grandi disgrazie per la protagonista, che si faceva portatrice di una cultura altra e che fin dall'inizio mostra segnali di insofferenza verso le nuove leggi restrittive nei confronti delle donne, dei loro movimenti e soprattutto del vestiario; invece alla buona Azar Nafisi non capita poi granché. Sono invece le persone attorno a lei a venir arrestate, a volte giustiziate, allontanate dall'università. Cos'abbiano fatto questi per meritarsi un trattamento simile o cosa abbia salvato, piuttosto, la scrittrice non mi è chiaro: la Nafisi non si sofferma mai a rifletterci. Sta di fatto che, tra alti e bassi, riesce a portare avanti la propria professione per anni e facendo abbastanza di testa sua senza gravi ripercussioni; persino la scelta di abbandonare l'insegnamento all'università sarà una scelta totalmente personale.
In verità è un po' difficile per il lettore ricostruire le fasi della Rivoluzione e la vita dell'autrice nel corso del libro. Sappiamo che insegna all'università, sappiamo che ad un certo punto smette di farlo e decide invece di tenere un seminario, una sorta di gruppo di lettura se mi si passa il termine, in casa propria, una volta alla settimana e con un piccolo gruppo di ex studentesse scelte, e inoltre sappiamo che, alla fine, la scrittrice deciderà di tornare in America, ma i continui salti temporali rendono a tratti fumose le motivazioni e il succedersi delle vicende.
Il titolo del libro fa riferimento a uno dei romanzi che vengono esaminati dalle ragazze durante il suddetto seminario casalingo. L'autrice sottolinea molto l'importanza di questo momento a cadenza settimanale e impiega molte pagine all'inizio per introdurre i propri scopi letterari e le studentesse partecipanti.
I primi due romanzi che decide di analizzare sono "Le mille e una notte", classico persiano, e "Lolita" di Nabokov. Ho trovato il paragone, il commento e i rimandi alla vita sociale e intima delle giovani impegnate nella lettura coinvolgenti e molto profondi. Non vedevo l'ora di leggere gli altri e di goderne altrettanto. Peraltro la professoressa Nafisi ha molte cose da dire sulla letteratura inglese e americana e punti di vista non sempre scontati da condividere.
Purtroppo l'entusiasmo mi si è spento un po' lì. Le altre opere sono commentate a spizzichi e bocconi, il seminario lascia spazio ai ricordi delle lezioni in aula e il racconto si frammenta.
Inoltre mi sono resa conto di una cosa che avevo sottovalutato: questo libro esplora, commenta e prende spunto da molti altri romanzi, per citarne solo alcuni "Orgoglio e pregiudizio"e "Mansfield Park" di Jane Austen, "Lolita" ma anche "Invito a una decapitazione" di Nabokov, "Piazza Washington" e "Daisy Miller" di Henry James, e ancora "Il grande Gatsby", "Cime tempestose", "Jane Eyre" e molti altri. Ecco, dico subito che, se qualcuno non avesse ancora letto questi romanzi, la Nafisi glieli spoilera totalmente e integralmente. Qualcuno tipo me, per dire. Non sono stata proprio contenta di sapere cosa succede in storie che non sapevo nemmeno esistere...e che dal commento mi sarebbero pure piaciute! Chi ignorasse totalmente tutti i titoli citati, poi, è bene che questo libro lo eviti proprio: è assolutamente impossibile seguire i rimandi e i commenti della Nafisi senza conoscere almeno a grandi linee le opere citate.
Allo stesso tempo, con lo sfasamento temporale e lo spostamento dell'occhio dell'autrice sulla propria carriera universitaria e la tragica esperienza della guerra tra Iran e Iraq, si perdono di vista le ragazze del seminario e si allenta il legame emotivo che aveva iniziato a formarsi. Personalmente, non sono più riuscita ad affezionarmi a loro, nonostante il finale sia tutto a loro dedicato.
E' stata sicuramente una lettura istruttiva. Come ho già detto precedentemente, so pochissimo della storia contemporanea e ancora meno della scena internazionale. Questo libro mi ha stimolato ad andare a cercare notizie sulla Rivoluzione di Khomeini, sulla guerra, sulla situazione attuale della popolazione in Iran. La Nafisi al termine del libro scappa dall'Iran e la cosa non mi sorprende: una donna così occidentalizzata, poco interessata alla religione e fiera della propria libertà intellettuale oltre che fisica malamente avrebbe mai potuto accettare la spada di Damocle costantemente posta sulla sua testa all'interno del regime islamico. E ciononostante avrei voluto saperne di più. Avrei voluto leggere di come suo marito ha vissuto il cambiamento in Iran e della reazione dei suoi figli al trasferimento negli Stati Uniti, ad esempio. Alla fine mi è parso che in tutta la narrazione mancasse qualcosa, che fosse in qualche modo incompleta.
Mi sento molto in soggezione per questo commento. Dare un giudizio mediocre a un libro considerato da molte, moltissime persone eccellente, persone peraltro che io stimo e che hanno letto molto, mi fa sentire in qualche modo sbagliata, come se fosse un mio limite personale ad avermi impedito di apprezzare quest'opera a fondo, comprenderla pienamente.
Probabilmente è vero. Chissà, magari tra qualche anno riprenderò in mano "Leggere Lolita a Teheran" in un momento diverso e lo troverò meraviglioso. Magari prima però mi leggo tutte le opere citate al suo interno...
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