Il mio giro del mondo questo mese mi ha portato in Uruguay. O meglio, tra Uruguay e Argentina, perché Quiroga, l'autore da me scelto, pur essendo nato e cresciuto in Uruguay, trascorse quasi tutta la propria maturità e vita creativa in Argentina, prima a Buenos Aires e poi nella sperduta regione di Misiones, al confine con il Brasile e tristemente nota per una carneficina (gentile contributo di YouTube dal film qui).
Horacio Quiroga è un autore poco conosciuto e poco apprezzato da parte della critica letteraria. E' stato paragonato a Poe e Kipling, ma i suoi lavori vengono considerati di livello assai più modesto. Da ciò che ho letto non posso dare alla critica del tutto torto...
La raccolta "Racconti d'amore, di follia e di morte" contiene una selezione dai 200 racconti dell'autore. Mai titolo fu più azzeccato. Non si può non notare il trend che sottende alla stragrande maggioranza delle storie. La morte è un tema quasi immancabile, tanto che si possono contare sulle dita di una mano i racconti in cui non muore nessuno. Tanta ossessione per un tema tanto lugubre potrebbe sorprendere o far storcere il naso se non si conoscesse un po' la vita dell'autore. Infatti il buon Quiroga fu segnato non poco dagli scherzi del destino. Suo padre morì sotto i suoi occhi di bambino, forse suicida. A seguire si suicidarono il patrigno, la prima moglie, lui stesso morì suicida sospettando forse di essere malato di cancro e dopo di lui si suicidarono i figli. Una carneficina, insomma. A Misiones tira una brutta aria, non c'è che dire... Come se non bastasse a 24 anni uccise anche per errore il suo migliore amico, fatto questo che risaputamente non fa granché bene alla psiche. Con un tale presupposto, qualcuno si sorprende ancora che abbia fatto della morte il tema principale della propria vena creativa?
In verità il modo in cui la morte viene descritta è anche interessante. La maggior parte delle volte quella che giunge è una morte inattesa, che trafigge l'uomo (o la donna, o l'animale...) impreparato, che coglie di sorpresa. Ma non manca la morte per malattia, una morte, questa, annunciata, presentita, temuta ma anche affrontata con rassegnazione, nella consapevolezza della propria limitatezza di esseri viventi. Quiroga non si sofferma sul significato della vita o su cosa ci attenda dopo il grande passo. In un solo racconto fa apparire dei presagi di morte quasi fossero fantasmi, invisibili agli occhi umani ma percepiti dagli animali. Cosa però essi siano non è spiegato e rimane in secondo piano. Il lettore in verità è troppo concentrato sulla fredda e dolorosa realtà del momento per interrogarsi sul futuro.
A mio parere ciò che riesce meglio a Quiroga nei suoi racconti è la descrizione dei diseredati, dei disperati, dei vinti alla Verga. Quando ci porta con sé nella selva di Misiones lungo il Paranà e l'Iguazu dove il bosco diventa foresta amazzonica, incontriamo i poveri, gli indios e gli uomini di fatica, un popolo di rifugiati e ribelli che qui spesso trovano una via di fuga dalla società. E' una vita disperata quella che la maggior parte delle persone conducono qui. Ora, sebbene io parli al presente, i racconti sono stati scritti un centinaio d'anni fa, ma non saprei dire quanto le condizioni lavorative in queste zone siano migliorate col passare del tempo. In tutta sincerità non ne sarei così certa...
Grazie a questo libro ho scoperto dell'esistenza di uomini chiamati mensù, operai che venivano pagati in anticipo per un contratto di svariati mesi e che avrebbero dovuto onorare ad ogni costo lavorando nelle foreste in condizioni quasi bestiali, senza poter tornare in città neppure per curarsi. Sono quasi tutti uomini e donne dure, che hanno fatto scelte di vita estreme o che non hanno alcuna scelta se non quella di logorarsi nella fatica, tamponando al meglio il dolore che ne deriva con alcool ed eccessi. I protagonisti dei racconti di Quiroga non solo devono confrontarsi con una società violenta e spietata e guadagnarsi da vivere spaccandosi la schiena ogni giorno; anche la natura è un ostacolo, una sfida continua, con i suoi animali che sanno essere letali, una terra che si incapriccia e da fertile diviene sterile e il tempo atmosferico a flagellare il passaggio delle stagioni con siccità e piogge torrenziali. Tutto in questi racconti è duro, stridore di denti direbbe il Vangelo, e ogni successo è un traguardo personale che ha dell'eroico. Tuttavia di successi, nei racconti di Quiroga, non se ne vedono molti.
Sarà per queste tematiche fosche che l'argomento secondo me meno azzeccato nelle sue storie è quello dell'amore romantico. Nell'atmosfera plumbea in cui i personaggi si muovono c'è sì spazio per l'amore, ma è un amore di sacrifici, un amore violento, a volte folle, un amore che finisce male. I pochi racconti in cui il finale non è amaro sembrano fuori luogo, nella visione d'insieme.
Se dovessi nominare i racconti che mi sono piaciuti di più citerei "Una stagione d'amore", che narra la nascita e il declino di un amore puro, "Il solitario" e "La gallina sgozzata", racconti di follia omicida, "Il cuscino di piume", storia dal sapore horror. Molto particolare la storia "Il selvaggio", quasi fantascientifica col suo tuffo nella preistoria, e terribile per crudezza "Uno schiaffo". Altri racconti scivolano via senza lasciare il segno, quasi noiosi nell'ovvietà dell'autore, ed è per questi che dispiace, perché abbassano di molto la qualità dell'opera nel suo insieme.
Insomma, non proprio un autore che consiglierei in futuro. Ciononostante sono contenta di aver assaporato l'amarezza della selva sudamericana, un luogo che mi era finora totalmente alieno.
Piccola nota a parte: devo anche ringraziare questo libro per avermi suggerito qualche ricerca su internet delle meravigliose cascate dell'Iguazu. Questo sistema di cascate al confine tra tre stati (Argentina, Brasile e Paraguay) toglie il fiato da quanto è bello. Mi piacerebbe sentire qualche racconto da chi ha avuto la fortuna di vederle dal vivo...
Ecco, questo libro lo eviterò come la peste.
RispondiEliminaMa le recensioni, i commenti e gli approfondimenti ben fatti servono anche anche a questo.
Un po' mi sento in colpa, ti dirò, perché mi spiace demotivare la lettura di un autore. Ritengo però giusto condividere un parere sincero, sai mai che qualcuno, leggendo il mio commento, lo trovi invece entusiasmante e decida di metterci su le mani...
EliminaConoscendoti, ad ogni modo, ero certa che questo autore non fosse proprio nelle tue corde!